A proposito di Sherlock 1×03 – Il Grande Gioco

Quest’episodio, che chiude la prima stagione della serie, è un libero adattamento del racconto L’avventura dei progetti Bruce-Partington contenuto nella raccolta L’ultimo saluto scritto, come sempre, da Sir Arthur Conan Doyle.
La noia che si impadronisce di Sherlock, per via dei casi banali che si trova quotidianamente ad affrontare, viene parzialmente smorzata attraverso studi scientifici ed esercitazioni balistiche, sperimentati nella sua stanza.

L’arrivo di un presunto dinamitardo cambierà le carte in tavola. L’attentatore fa a Sherlock un’offerta che, come direbbe un tipico boss della mafia, non può rifiutare: risolvere determinati casi entro un limite di tempo stabilito o la vittima, scelta per l’occasione, salterà in aria.

SHERLOCK 1×03 – LA TRAMA

L’entusiasmo di Sherlock è alle stelle, tanto quanto la sua indifferenza dimostrata verso le vittime, considerate come l’ultimo dei suoi problemi. Lo scontro verbale tra John e Sherlock è, quindi, inevitabile e quest’ultimo si giustifica affermando che le persone muoiono e preoccuparsi non risolverebbe comunque le cose.
Gli sceneggiatori non a caso scelgono questa frase in un momento così delicato perché mettono in risalto una verità effettiva, sia pure detta in modo cinico.
La recitazione di Benedict Cumberbatch è di livello sublime: si ha di fronte uno Sherlock inespressivo e determinato nell’esprimere il suo pensiero senza nessun rimorso; la priorità assoluta è risolvere i casi, il resto è solo qualcosa da ignorare o rimandare a data da destinarsi.

John si ritroverà ad indagare da solo per un caso di sicurezza nazionale. Inizialmente Mycroft voleva l’aiuto del fratello, ma quest’ultimo ha preferito delegare il compito al suo fidato collega per le solite questioni di rivalità. John riesce a sbrogliare la matassa sotto la sorveglianza insospettabile di Sherlock. Se per John è stato come un esame, per Sherlock è stato sia per verificare le abilità dell’assistente senza il suo aiuto e sia per confermare un collegamento tra questo caso e quelli che sta affrontando. Il sospetto che ci sia sempre lo zampino del suo ammiratore segreto è sempre più fondato.

Ma Sherlock non si diverte più, non vuole più giocare agli indovinelli, desidera assolutamente avere uno scontro faccia a faccia col suo ammiratore. Ciò avviene in un luogo molto rilevante perché fa parte del passato di Sherlock e non può trattarsi di una coincidenza.

Gli ultimi dieci minuti dell’episodio sono caratterizzati da un misto di incredulità, sollievo e soprattutto tensione. Ci sono un John al centro della rivalità e finalmente un nome da confermare: Jim Moriarty (Andrew Scott).
Moriarty è sempre stato un passo in avanti rispetto a Sherlock, è passato inosservato sotto il suo naso e ha sfruttato i lati negativi del suo carattere, come il disinteresse verso la maggior parte delle persone radiografate rapidamente col suo occhio acuto e la sua mente brillante. E’ un Moriarty, come era logico aspettarsi, moderno e diverso da quello che i fan sono abituati a conoscere nei racconti di Doyle: non è un professore, bensì un consulente criminale genialmente squilibrato. Egli si ritiene al di sopra di tutti e considera le persone come semplici pedine da comandare a proprio piacimento. Il motivo per cui fa tutto questo è la noia, e questo è un aspetto in comune con Sherlock. Sherlock è costretto, quindi, ad affrontare un individuo simile a lui per elevato quoziente intellettivo, ma con propositi folli e pericolosi.

L’immagine finale che ci regala la regia con un John alquanto provato contrapposto all’impassibilità di Sherlock e Moriarty, è un piccolo capolavoro che lascia gli spettatori col fiato sospeso e l’ansia. E’ l’ennesimo scontro tra bene e male, tra genio e sregolatezza.

Gli ascolti per la BBC son stati molto alti a dimostrazione del fatto che la serie piace ed è di qualità.
La prima puntata si è rivelata la più seguita (7,5 milioni di spettatori), le altre bene o male sono rimaste su livelli più che decorosi.

E’ stato un rischio, oltre alla trasposizione temporale nella modernità (discorso già discusso nel primo episodio), introdurre assai presto il personaggio di Moriarty, ma la cosa è stata organizzata con intelligenza in modo progressivo per focalizzare l’attenzione degli spettatori verso tutti e tre gli episodi.

La figura dell’ispettore Lestrade merita probabilmente più importanza per via del rapporto di lunga durata con Sherlock, non può ridursi solamente ad un semplice poliziotto a malincuore collaborativo.

Mycroft è apparso timidamente in questa prima stagione, ma la personalità messa in luce è interessante. Non dispiacerà affatto, però, vederlo più spesso in azione per esaminare il suo lavoro sul campo.

Questa prima stagione si è conclusa con l’inizio di una rivalità destinata a durare nel tempo. Non resta che aspettare la seconda stagione con una vaga consapevolezza del fatto che, al momento, gli sceneggiatori hanno solo scherzato.

SHERLOCK – L’OPENING

Giovanni Calogero

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