I Am Not A Serial Killer: la recensione del thriller/horror soprannaturale diretto da Billy O’Brien. La pellicola, interpretata da Max Records, Laura Fraser e Christopher Lloyd, è stata presentata all’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, nella sezione Alice nella Città.
Tigre! Tigre! Divampante fulgore
Nelle foreste della notte,
Quale fu l’immortale mano o l’occhio
Ch’ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?
Queste righe della poesia The Tyger (La tigre) del poeta e incisore inglese William Blake, raccolta nell’opera Songs of Experience, pubblicata nel 1794, inquadrano e cercano di spiegare il Mostro che ha terrorizzato la piccola cittadina del Minnesota con una serie di omicidi brutali e sanguinari.
Tratto dal primo di tre romanzi scritti dal britannico Dan Wells, I’m Not a Serial Killer, il film che ne ha tratto l’irlandese Billy O’Brien, aveva tutte le potenzialità per diventare un piccolo cult.
Mancando il bersaglio.
I AM NOT A SERIAL KILLER – LA TRAMA
L’adattamento cinematografico, infatti, non riesce a trasferire l’atmosfera di tensione che un thriller necessita, né il senso del disagio o di paura di un horror soprannaturale.
Il vero problema del film, però, è che non si viene mai coinvolti nella storia che richiedeva o maggiore ironia o maggiore truculenza.
Insomma qualcosa in più, in una storia che aveva tutte le potenzialità per essere interessante.
Alcuni serial killer mostrano nella fanciullezza uno o più dei segnali di avvertimento noti come Triade di MacDonald. Questi segni sono:
- Piromania, ovvero la mania di accendere fuochi, invariabilmente solo per il gusto di distruggere le cose.
- Crudeltà verso gli animali.
- Enuresi Notturna, ovvero fare la pipì a letto.
E John Wayne Clever, di quindici anni, le ha tutte e tre.
Lui, dopo la scuola, aiuta la madre e la zia nell’impresa familiare di imbalsamatori funebri e questo non aiuta la sua diagnosi di sociopatia e la paura (o voglia) di diventare un serial killer. I suoi impulsi sono sotto controllo, anche grazie all’amico con cui si obbliga a “fare cose normali”, finché nella cittadina iniziano ad accadere dei raccapriccianti e brutali omicidi, del cui autore John viene presto a conoscenza, facendosi coinvolgere in un gioco pericoloso e alquanto surreale.
Il tema del male assoluto e il cercare di psicanalizzare l’impulso oscuro poteva essere elaborato in modo migliore. Durante i 104 minuti del film, invece, non si riesce a non pensare all’immagine storpiata di un giovane aspirante Dexter in una puntata di X-Files.
Ma dell’ultima serie, di quella brutta insomma.
I AM NOT A SERIAL KILLER – IL TRAILER
Marco Visco