Foxtrot – La Danza del Destino: la recensione del film del 2017 diretto da Samuel Maoz con Lior Ashkenazi, Sarah Adler, Dekel Adin, Yehuda Almagor, Shaul Amir e Gefen Barkai.
Il tipo di film che vorremmo vedere a Venezia, per mille e più motivi. Anzitutto perché è il cinema straniero che ci piace, israeliano soprattutto (l’anno scorso vedemmo il bellissimo Un appuntamento per la sposa di Rama Burshtein). Poi perché difficilmente avrà una distribuzione italiana, mentre il film è una chicca da non perdere.
Foxtrot è un magnifico film basato su due plot twist: ad una famiglia annunciano che il figlio soldato è morto. Pianti, svenimenti, disperazione. Fermi tutti: tornano i soldati, non era vero, c’è stato un caso di ominimia. La storia continua raccontando cosa fa il giovane Jonathan al posto di blocco dove lavora: deve controllare tutti i veicoli che vogliono passare, qualche volta apre la sbarra per un cammello errante. Nelle pause disegna (benissimo), e coi commilitoni mangia carne in scatola nel sudicio container dove dormono. Alla fine del secondo pannello, altro plot twist (che non sveliamo).
Ossessivamente incentrato sull’insensatezza delle vicende umane, raccontate dalla Ringkomposition della storia e dai passi del foxtrot, che riportano sempre al punto di partenza, Foxtrot è ispirato alla novella orientale del mercante e della Morte, che racconta l’ineluttabilità del destino umano e l’impotenza dell’individuo di fronte ad esso. Arricchito da inquadrature audaci, il film di Samuel Maoz è una bella storia grottesca, ai limiti dello humor nero, che intreccia sapientemente commedia e tragedia, alto e basso, stop-motion e animazione. Finora, il balletto del soldato a ritmo di foxtrot è tra le cose migliori viste qui a Venezia.
FOXTROT – TRAILER ITALIANO
Francesca Sordini