La Recensione di Fiore, il nuovo film di Claudio Giovannesi con Daphne Scoccia, Valerio Mastandrea, Josciua Algeri, Gessica Giulianelli e Klea Marku presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes arriva nelle sale italiane il 25 maggio 2016.
Finalmente il cinema si accorge della metro C, elemento iniziale che confonde lo spettatore deviato da una Roma romantica che concede solo ristoranti in centro e vedute spettacolari. Il film di Giovannesi propone invece uno spaccato romanzato a metà tra l’indagine sociologica e il sentimentale, incentrato sull’innocenza di una “maledetta primavera“. Fiore è Daphne, una ragazza dagli occhi grandi nascosti dal cappuccio della felpa, che si muove con un coltello per rubare smathphone da rivendere. Verrà subito scoperta e trasferita in un carcere minorile misto, in cui tra continue tensioni che lasciano spazio a un amore, cercherà di affermare se stessa.
FIORE – LA TRAMA
Giovannesi come in Alì dagli occhi blu, torna a raccontare un’adolescenza complessa, in continua tensione tra ribellione e tenerezza, senza però generare quell’eccezionalità che la storia merita. Un film a tratti documentaristico in cui il regista non si lascia sopraffare dal moralismo né dalla denuncia sociale attraverso la visione di un Istituto pronto a far integrare le carcerate nella società, con attività lavorative e ricreative. Se la vita di Daphne si dipana tra tensioni e la piccola simpatica nata per Joshua dopo furtive conversazioni e scambi di lettere dietro le sbarre, sembra quasi che un deus ex machina dall’alto provveda a una sua maturità. La figura del padre (Valerio Mastandrea) che, nonostante l’assenza iniziale, si avvicina gradualmente e in maniera sempre più responsabile nella vita di Daphne, ma anche le relazioni che va a risanare con le altre ragazze del carcere, sembrano prevedere un epilogo positivo.
Un film semplice che sa toccare le giuste corse e non infastidisce proprio perché rimane contenuto, nella moderatezza della musica così come nella compostezza di certi gesti. La semplicità di Fiore, si trasforma in un ostacolo dato che, nel suo accontentare tutti, non si espone una regia pregnante, né si apre a un racconto del passato della ragazza che inevitabilmente aiuta a creare maggior coinvolgimento. Cosa ne rimane? Un film godibile nei suoi 109 minuti, che però non ha la forza di rimanere nei pensieri dello spettatore nei momenti successivi alla visione.
FIORE – TRAILER
Marta Leggio