Anvil! The Story of Anvil: la recensione del film diretto da Sacha Gervasi. Il rockumentary con Kevin Goocher, Glenn Gyorffy, William Howell, Kudlow Steve ‘Lips’, Lemmy è giunto nei nostri cinema il 19 marzo 2012.
La fama e il successo sono spesso un’arma a doppio taglio. A volte si conquistano anche in maniera relativamente facile ma poi tocca mantenerli ed è questa la parte difficile. Inoltre creano dipendenza e una volta che iniziano a svanire lasciano nelle persone forti scompensi.
Lo sanno bene il chitarrista Steve “Lips” Kudlow e il batterista Robb Reiner, membri fondatori degli Anvil, band metal canadese che nei primi anni ’80 se ne esce con un disco, Metal on Metal, che a detta di molti è stato uno dei più influenti nella storia del genere.
E poi? E poi tre decadi di amarezza. Eh sì perché gli Anvil, dopo aver vissuto un breve periodo di fama, gloria e grandi speranze, sono caduti nell’oblio; l’industria discografica li ha completamente messi da parte e il motivo Steve e Robb se lo chiedono da più di vent’anni. Sarà perché poco dopo il loro primo lavoro sono usciti altri 4 esordi di band (e stiamo parlando di mostri sacri come Metallica, Slayer, Megadeth e Anthrax) che hanno gettato le basi per la nascita di un nuovo ‘genere nel genere’, il Thrash metal.
Forse il fatto di essere canadesi in un ambiente allora dominato da band inglesi e americane o il fatto di non aver mai avuto un buon managment alle spalle non li ha aiutati. Chi lo sa? Come dice Slash (Guns N’ Roses) all’inizio del documentario, a volte la vita ti riserva delle circostanze sfortunate.
Nonostante tutto però Steve e Robb hanno continuato a inseguire il loro sogno, quello che avevano sin da adolescenti, quello per cui hanno sfornato altri 13 album, quello per cui continuano a far fede alla promessa, che si sono fatti da ragazzini, di suonare insieme fino a quando sarebbero invecchiati.
Diventare delle rockstar di successo!
Il rockumentary (non vedevo l’ora di usare questa parola!) di Sacha Gervasi (già sceneggiatore di The Terminal di Steven Spielberg) ha tutto quello che serve: una storia a tratti divertente a tratti malinconica, due protagonisti che risultano essere davvero delle brave persone, filmati della gloria di un tempo contrapposti a quelli della mediocrità di oggi, interviste di grandi musicisti come Lemmy (Motorhead), Lars Urlich (Metallica), Scott Ian (Anthrax), Tom Araya (Slayer) oltre al sopracitato Slash. È davvero un buon prodotto eppure mi ha lasciato perplesso.
Non riesco a capirne il senso, il messaggio di fondo.
Steve e Robb sono due adulti maturi, padri di famiglia, che però non hanno mai abbandonato la giovinezza o quanto meno i suoi sogni e le sue speranze; da una parte vivono una vita mediocre con dei lavori molto più che ordinari e dall’altra hanno la band che è la loro unica valvola di sfogo; sono alla perenne rincorsa di quel treno sul quale da giovani hanno percorso un breve viaggio e sono contenti solo quando si trovano su un placo davanti ai loro fan ma, contemporaneamente, vivono questa condizione con grande frustrazione per non aver ottenuto globalmente quel riconoscimento che meritavano.
Quindi? La morale qual è?
Non importano i casi sfortunati della vita perché l’importante è inseguire i propri sogni che, con costanza e duro lavoro, prima o poi si realizzeranno? Non è questo il caso visto che a cinquant’anni e dopo tredici album gli Anvil ancora non se li fila nessuno!
Oppure?
È giusto credere ardentemente in qualcosa e provare a realizzarla ma, nel momento in cui ci si rende conto che questo non accade, lasciarla andare, farsene una ragione e continuare a vivere la propria vita senza rammarico? Cosa che i due sembrano non fare!
Quindi più ci penso e più la mia risposta è…boooh!? E la cosa mi spaventa molto perché anche io, a quasi trentun anni, sto ancora inseguendo i miei sogni e dopo questo documentario si è aggiunto un quintale di ansia per il futuro alla tonnellata che già mi porto dietro quotidianamente.
Una verità però l’ho colta. Nonostante tutto l’impegno che puoi metterci “devi trovarti nel posto giusto al momento giusto. Tutto qui. Se non ti trovi al posto giusto nel momento giusto, non ce la farai mai”.
Grazie Lemmy.